Recentemente sulla stampa è uscito un articolo dal titolo: “Corte costituzionale, via libera agli specializzandi negli ospedali”.
L’articolo si riferisce ad una sentenza della corte costituzionale che
avrebbe respinto il ricorso del governo Gentiloni contro l’articolo 34
della legge regionale 33 del 2017 che introduceva la possibilità per gli
specializzandi di partecipare alle attività assistenziali negli
ospedali. Così come presentata, la notizia sembrerebbe indicare che gli
specializzandi possono autonomamente svolgere l’attività assistenziale
negli ospedali alla fine del loro percorso formativo. Le cose però non
stanno così, perché se si legge bene sia l’articolo 34 della legge
regionale sia la motivazione della sentenza depositata dalla corte
costituzionale si evince che i giudici hanno dichiarato non fondata la
questione di legittimità, in quanto la disposizione impugnata “non
prescinderebbe affatto dalle direttive del formatore e neppure
determinerebbe una piena autonomia dello specializzando, atteso che lo
stesso potrebbe svolgere autonomamente solo quegli specifici compiti che
gli sono stati affidati”, evidentemente dal tutore e dalla Scuola, come
chiarito al comma tre dell’articolo 34.
Come si vede, quindi, il titolo della notizia è fuorviante: infatti
la legge regionale chiarifica quali sono i compiti dello specializzando e
le modalità della sua partecipazione all’assistenza senza stravolgere
le attuali disposizioni in tema di attività formativa dello
specializzando durante il periodo di formazione specialistica. Chi
scrive, in base alla normativa vigente, ha attuato presso la Scuola di
Specializzazione in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare
dell’Università Sapienza di Roma una rete formativa che prevede anche
strutture ospedaliere in cui gli specializzandi svolgono, sempre sotto
tutoraggio, le attività professionalizzanti previste per il
conseguimento della specializzazione. Il sottoscritto crede fermamente
che lo specializzando durante il periodo di formazione non debba essere
impiegato in attività assistenziali autonome al fine di colmare le
carenze di personale strutturato ospedaliero. La formazione è formazione
mentre l’attività lavorativa è un’altra cosa. Dal momento che in
svariate occasioni si è parlato di inserire lo specializzando agli
ultimi anni di corso nella attività assistenziale ordinaria, ritengo che
il periodo di formazione debba essere preservato da incombenze
lavorative esclusivamente assistenziali dal momento che il periodo
formativo richiede il completamento di tutte le attività
professionalizzanti necessarie per il raggiungimento della
specializzazione senza turbative legate alla mera attività
assistenziale.
Sempre in tema di specializzandi, con piacere lo stetoscopio parlante rileva che nella legge di bilancio recentemente approvata vi sia una parte dedicata agli specializzandi sia per quanto riguarda l’aumento delle borse di specializzazione sia per quanto riguarda la possibilità da parte degli specializzandi all’ultimo anno di partecipare a concorsi presso strutture pubbliche ospedaliere con la prospettiva di poter essere inseriti in graduatorie dedicate e eventualmente, assorbiti nell’organico strutturato alla fine della scuola di specializzazione allorquando la graduatoria degli specialisti partecipanti al concorso si sia esaurita.