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Il lockdown culturale del modello occidentale

https://www.9colonne.it/281440/il-lockdown-culturale-br-del-modello-occidentale#.X6J3HlDSKUk

In Francia dal 30 ottobre è stato disposto dal governo il lockdown generale. In Italia, Spagna, Inghilterra e Germania si sta per adottare questa drastica misura di contenimento della pandemia. Negli Stati Uniti la situazione è disastrosa. Stiamo vivendo la seconda ondata che era stata prevista dagli epidemiologi. Se a Febbraio/Marzo eravamo tutti impreparati ad affrontare questa pandemia piombata su di noi in maniera relativamente inaspettata, adesso non possiamo dire altrettanto. A parte qualche inqualificabile collega che ad inizio estate aveva straparlato affermando la fine del virus e dichiarando il libera tutti dalla morsa virale, questa seconda ondata era stata annunciata ed era prevedibile. E allora? Perché gran parte dell’Europa e degli Stati Uniti si trovano nella situazione di dover ricorrere al Lockdown di nuovo per arrestare l’ondata epidemica? Perché soprattutto il mondo occidentale è in crisi?

Nel tentativo di trovare un comune denominatore che spieghi le cause di questa drammatica situazione possiamo forse avanzare l’interpretazione di una pandemia culturale accanto a quella virale. Mi spiego: dal dopo guerra purtroppo abbiamo abdicato alla nostra cultura mediterranea che ha le sue radici lontane nei classici latini e greci, lontani sì ma sempre rigorosamente attenti all’umanità in tutte le sue sfaccettature e a una visione d’insieme della realtà, sempre contestualizzata e mai distorta attraverso la lente di un aspetto particolaristico e semplicistico. Che cosa abbiamo fatto? Abbiamo ascoltato le sirene della cultura anglosassone americana basata pressoché esclusivamente su dinamiche economico-finanziarie con la fuorviante sensazione di onnipotenza legata alla delega indiscriminata alle risorse tecnologiche. La pressoché esclusiva attenzione all’economia e alla finanza, propria dell’impostazione occidentale e mutuata da oltre oceano, ha fatto sì che nel tempo si declassassero i valori della cultura, della formazione e della salute. Abbiamo assistito alla mutilazione dei fondi per la scuola, l’università, la ricerca e l’assistenza ai malati. Negli Stati Uniti, se da una parte i finanziamenti per la ricerca sono stati sempre più che soddisfacenti, il sistema sanitario privatistico ha da sempre presentato falle e criticità per una copertura omnicomprensiva. In Italia, stendendo un velo pietoso su ricerca, università e scuola, abbiamo spesso vantato il miglior sistema sanitario nazionale. Le criticità emerse a Marzo nella Lombardia con una sanità privata accreditata ingombrante e un’assistenza territoriale ridotta ai minimi termini, non hanno insegnato niente.

Se vogliamo uscire realmente da questa pandemia, forse nell’immediato l’unica soluzione è un nuovo lockdown, ma che non sia un lockdown culturale: in una visione meno miope e a più lunga gittata, pensiamo seriamente a riappropriarci della nostra cultura mediterranea con attenzione all’uomo, ai suoi valori, alle sue necessità materiali e spirituali, investendo in cultura, scienza e salute.

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Covid-19: letale per l’individuo o per il Sistema Sanitario?

L’infezione da Covid-19 ha causato in Italia un numero estremamente alto di decessi. Dati epidemiologici tra cui il numero di contagiati e di morti ci vengono continuamente presentati dai media nazionale. Sono numeri che per la loro entità fanno sicuramente impressione e che ci fanno riflettere.

Secondo un recente documento redatto dell’ISTAT in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, la mortalità nel mese di marzo 2020 in Italia, ha presentato una crescita dei decessi del 49,4% rispetto alla media dei decessi dello stesso mese del periodo 2015-2019. In particolare nel periodo che va dal 20 febbraio (data di segnalazione del primo caso italiano di Covid-19) al 31 marzo i decessi passano da 65.592 (media del periodo 2015-2019) a 90.946 del 2020. C’è quindi un eccesso di decessi di 25.534 unità. Nello stesso periodo il numero di morti Covid diagnosticati è 13.710, che rappresentano quindi, il 54% dell’eccesso dei decessi.

Il dato di eccesso di decessi presenta però differenze molto importanti tra regioni diverse.

In Lombardia, ad esempio, il numero di decessi aumenta da 11.1195 a 27.279 presentando quindi un aumento del 186,5%; nel Lazio, invece passa da 5.605 a 5.211 con, quindi, una diminuzione del 8,1%. L’eccesso di morti è quindi di più 16084 in Lombardia ed è addirittura in negativo di meno 394 nel Lazio. Questi elementi dimostrano quanto si modifichi la mortalità legata al virus in base alla regione analizzata.

In un articolo pubblicato sull’ “International Journal of Infectious Disease”, un gruppo di ricercatori italiani ha analizzato l’impatto del virus dell’influenza sull’eccesso di mortalità in Italia in 4 stagioni invernali, dal 2013/14 al 2016/17. L’eccesso di decessi nella stagione 2016/2017, l’ultima analizzata nella ricerca, è stato di 43336 pazienti deceduti, distribuiti in un lasso di tempo di circa quattro mesi. Questo eccesso di mortalità è infatti concentrato dalla 47 settimana alla 17 settimana, quindi più o meno dalla fine del mese di Novembre alla metà del mese di Aprile, circa quattro mesi appunto. Una distribuzione così diffusa nel tempo è stata riscontrata in modo simile nelle altre stagioni analizzate.

Appare subito evidente come i decessi determinati dall’influenza numericamente siano paragonabili a quelle determinati quest’anno in seguito alla epidemia Covid-19. La diversità tra la situazione sanitaria del 2016/2017 rispetto a quella attuale è ascrivibile alle differenze in termini di concentrazione spazio-temporale dell’epidemia.

Ritornando all’eccesso di decessi di 25534 unità, sempre nel medesimo documento redatto da ISTAT e Istituto Superiore di Sanità viene evidenziato il numero di 11824 di morti non attribuibili direttamente al Covid ma spiegabile sostanzialmente attraverso tre motivazioni: ulteriore mortalità associata a Covid 19 e non diagnostica (decessi a cui non è stato eseguito il tampone), mortalità indiretta correlata al Covid (decessi per danno ad altri organi determinato dal virus) e mortalità causata dalla crisi del sistema ospedaliero e dal timore di recarsi in ospedale.

Questa frazione di eccesso di mortalità pertanto può essere sicuramente attribuita allo stress subito dal sistema sanitario nazionale e regionale nel trattamento anche di altre patologie o nel non-trattamento legato sia alla paura del cittadino di accedere alle strutture ospedaliere sia dall’impossibilità di ricezione delle stesse.

Che i dati di letalità del virus siano fortemente condizionati dall’organizzazione sanitaria locale è dimostrato anche dalla diversità riportata tra regione e regione.

Infatti i dati riportati sono i seguenti: in Italia si attesta al 13,8%, 29684 decessi su 214.457 pazienti; in Lombardia è del 18%, 14611 decessi su 79369 pazienti; nel Lazio, infine, è del 7%, 538 decessi su 6995 pazienti.

Su un articolo recentemente pubblicato è stata presenta una ricerca condotta nella città di Kobe, in Giappone. Il team di ricercatori ha sottoposto 1000 pazienti ambulatoriali del loro ospedale, al test sierologico per la ricerca di anticorpi contro il Covid-19. I risultati hanno mostrato che 33 pazienti, quindi il 3,3% dell’intero campione, presentava gli anticorpi IGg contro il coronavirus, dimostrando quindi di essere stati infettati in precedenza dal virus.

I dati giapponesi basati sulla stima dei contagiati in base ai test sierologici dimostrano differenze estremamente elevate tra numero di positivi ai tamponi e numero di contagiati così come valutati dai test sierologici. La letalità del virus calcolata dalla percentuale dei morti sul numero dei contagiati ai test sierologici aumenta notevolmente il denominatore e riduce drasticamente la letalità al di sotto dell’1%. Sappiamo che in Italia sta iniziando una valutazione analoga su un campione che utilizza 150.000 test sierologici al fine di valutare la differenza tra contagiati rilevati con il tampone e contagiati rilevati con i test sierologici. Se anche i nostri dati confermeranno quanto hanno osservato i colleghi giapponesi anche da noi il dato reale di letalità del Covid-19 scenderà a livelli molto bassi, ridimensionando i dati attuali.

Rimettendo nella giusta ottica e prospettiva i dati finora raccolti, l’estremamente alta percentuale di mortalità osservata soprattutto in Lombardia e Piemonte si inserisce quindi anche nella debolezza di un sistema sanitario con criticità nell’assistenza territoriale, nel numero di posti letto in terapia intensiva e nella cattiva gestione delle residenze per anziani.

Anche al nord Italia, pesantemente colpito dell’epidemia, esistono differenze importanti rappresentate dal modello della regione Veneto che grazie ad una organizzazione sanitaria più efficiente è riuscita a gestire meglio l’epidemia con percentuali di mortalità significativamente più contenute.

Riassumendo, la letalità del virus in termini assoluti, considerata nei confronti diretti sui pazienti, non sembrerebbe così drammatica se anche in Italia verranno confermati i dati giapponesi e ridimensionati i dati di mortalità sul numero reale dei contagiati che allo stato attuale non conosciamo con precisione ma che è sicuramente di gran lunga superiore al numero dei pazienti positivi al tampone.

Quello che è certo è che la vera vittima di questo virus è il sistema sanitario e che la sua organizzazione determina in maniera preponderante la sua capacità distruttiva. Per essere più specifici, anche dal confronto con i dati di eccesso di mortalità nel 2016/17 riferita all’epidemia influenzale, ribadiamo che i dati a nostra disposizione di eccesso di mortalità in Italia, e soprattutto in alcune regione come la Lombardia e il Piemonte, sembrano legati non tanto alla letalità del virus di per sè quanto alla sua contagiosità che ha determinato una elevatissima concentrazione spazio-temporale di manifestazioni cliniche nei primi mesi di quest’anno e che ha messo in crisi sistemi sanitari non all’altezza di rispondere, almeno quantitativamente, a questo impatto.

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25 Aprile 2020

Il 25 Aprile si festeggia la Liberazione dal nazi-fascismo. Il mio desiderio è che in occasione del 25 Aprile 2020 si festeggi anche la Liberazione dalla paura, o meglio, dall’angoscia da COVID-19. Basta  con i giornalieri bollettini di guerra sul numero dei morti. Sappiamo bene che quello che registriamo oggi è la fotografia  degli ammalati di più di venti giorni fa. Questi numeri non riflettono la situazione attuale così come non la riflettono il numero dei guariti. Sicuramente più incoraggianti e più vicini all’istantanea del momento sono il numero dei contagiati, il numero dei ricoveri e i pazienti in terapia intensiva. Questi numeri sono incoraggianti e dimostrano che, a fronte del protagonismo mediatico di virologi, epidemiologi, igienisti,  i medici che lavorano sul campo (anestesisti, pneumologi, infettivologi, cardiologi), dopo l’iniziale ondata travolgente di malati, riescono a gestire e a curare meglio i pazienti. Se i ricoveri, anche in terapia intensiva, scendono non è perché il virus è diventato meno aggressivo, ma perché abbiamo cominciato a conoscerlo meglio e a combatterlo meglio, anche in assenza di vaccino.

Il pensiero ai medici, su cui ancora viene riversata tanta retorica (eroi, angeli), si ricollega ad un altro valore che ricordiamo e festeggiamo in questo giorno. La Resistenza. Sì, proprio la resistenza di tutto il personale sanitario che, anche se inizialmente con scarsi presidi protettivi, ha resistito e ha fronteggiato lo tsunami assistenziale. Ma non solo i medici, anche gli italiani stanno resistendo e bene. Mi viene in mente l’immunità di gregge: gli italiani, lungi da comportarsi da pecore, stanno acquisendo la giusta consapevolezza e responsabilizzazione nei confronti delle norme igienico-comportamentali di prevenzione. Se in questa fase 2 ripareremo le falle dimostrate dal virus nel nostro sistema sanitario (trascuratezza della medicina del territorio, ospedalità privata accreditata, carenze organizzative delle RSA) e continueremo a svolgere operazioni culturali e di corretta informazione alla popolazione, la nostra RESISTENZA trionferà, con l’acquisizione della meritata LIBERTÀ  non solo dal virus, ma anche dalla stolta propaganda e dalla nauseante retorica.  

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Cardiologia e Covid-19

Infettivologo, Rianimatore, Pneumologo… ma il cardiologo, o meglio lo specialista in malattie cardiovascolari, che ruolo riveste nella pandemia di COVID-19?

In questi giorni le indagini scientifiche sulla fisiopatologia della COVID-19 sono oggetto di studio per ricercatori in tutte le branche specialistiche. Emerge lentamente un quadro di coinvolgimento multi-sistemico da parte del virus, in cui la polmonite rappresenta solo la punta di un iceberg. Il coronavirus ha mostrato la capacità di coinvolgere organi ed apparati diversi da quello respiratorio, per via diretta (con replicazione nel tessuto colpito) oppure per via indiretta, attraverso lo squilibrio indotto nel sistema immunitario con produzione inappropriata di mediatori infiammatori. Un ulteriore aspetto cruciale legato alla pandemia è emerso dall’analisi nell’andamento dei ricoveri per condizioni non relate alla COVID-19. Esistono ormai dati pubblicati in molte zone del mondo sulla drastica riduzione degli accessi in pronto soccorso per tutte le patologie, anche urgenti, che non determinano sintomi sovrapponibili a quelli della polmonite da COVID-19. Sebbene questo sia un dato prevedibile, entro certi limiti, in considerazione della differibilità degli accertamenti diagnostici per sintomatologie croniche o lievi, la preoccupazione nasce proprio dai numeri forniti dalle cardiologie, anche con la collaborazione del nostro istituto. E’ stato messo in evidenza uno scenario in cui molte persone vittima di infarto cardiaco e/o di aritmie potenzialmente mortali, preferiscono non recarsi in pronto soccorso oppure si presentano tardivamente.

Dunque, che ruolo ha il Cardiologo nello scenario della pandemia?

E’ possibile riassumere questa riflessione in tre PPre-esistenti patologie cardiovascolari – Patologia cardiovascolare da Coronavirus – Paura di “infettarsi”.

Sappiamo bene che il Coronavirus colpisce più spesso e più duramente i pazienti con co-patologie, fra tutte l’ipertensione, le cardiopatie e il diabete hanno mostrato di avere un tasso di letalità molto alto, che sarebbe superiore anche alle patologie oncologiche, secondo alcune casistiche.

Cresce ogni giorno il numero di pazienti con COVID-19 in cui il virus determina coinvolgimento cardiovascolare in varie forme. Una di queste è l’infiammazione del muscolo cardiaco, probabilmente determinata per via indiretta e capace di ridurre improvvisamente e severamente la contrattilità del cuore. Analogamente, uno dei meccanismi patogenetici più importanti della COVID-19, sarebbe il danneggiamento dei piccoli e grandi vasi che esita in un tasso di trombo-embolismi venosi e arteriosi aumentato. Per questo motivo, l’eparina, di cui si discute negli ultimi giorni, sta diventando un farmaco di scelta per il protocollo terapeutico in tutto il mondo.

Infine, come già discusso, non è da sottovalutare la possibilità di una scelta (sbagliata) da parte dei pazienti con insorgenza di malattie cardiache durante la pandemia, di non accedere alle cure. La severa riduzione delle coronarografie e dei ricoveri per infarto cardiaco descritta ormai in tutti i paesi del mondo, è in parte spiegata dalla “Paura di infettarsi” qualora si dovesse accedere alle strutture ospedaliere. Abbiamo visto, in questi giorni, pazienti che trascinavano i propri sintomi, anche gravi come il dolore al petto, per diverso tempo prima di recarsi in pronto soccorso. Questa situazione può determinare la perdita di gran parte della capacità contrattile del cuore o anche la morte. Il meccanismo subdolo, “psico-mediato” e indipendente dalla reale presenza del virus, rappresenta dunque per molti aspetti la più inaccettabile delle tre P.

 E allora quale sarebbe il ruolo del cardiologo:

1) Partecipare alla gestione multidisciplinare dei pazienti con cardiopatie pre-esistenti;

2) Imparare a riconoscere e contrastare l’insorgenza di un coinvolgimento cardiovascolare da parte del virus;

3) Assicurare la presenza di percorsi di cura “sicuri” e la corretta informazione per tutti i pazienti che, anche in assenza di COVID-19, si trovano costretti ad accedere agli ospedali in questo difficile periodo.

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Pandemia da Covid e infodemia di notizie sensazionalistiche

In questi giorni è rimbalzata sui alcuni giornali italiani la notizia secondo cui il virus Covid-19 avrebbe la capacità di raggiungere ed insiedarsi all’interno dei testicoli dell’uomo e questo determinerebbe una maggior mortalità nel genere maschile rispetto alla popolazione femminile.

Questa notizia è stata ripresa da una ricerca condotta da un team di ricercatori diretti dal presidente del dipartimento di Epidemiologia dell’Albert Einstein College of Medicine di New York. In questo studio è stato analizzato un campione di 68 persone, composto da 48 uomini e 20 donne, con tampone naso-faringeo positivo per infezione da Covid 19. Il disegno dello studio prevedeva l’esecuzione di tamponi naso-faringei seriati, a partire dal primo tampone positivo e con un intervallo di circa 48 ore, fino alla comparsa del primo tampone negativo.

Andando ad analizzare questi dati, è stato osservato che gli individui maschi del campione studiato, avevano i tamponi positivi per un tempo statisticamente più lungo della popolazione femminile.

Da questi dati i ricercatori traggono delle conclusioni abbastanza fantasiose secondo cui questa differenza è causata dal fatto che il virus abbia la capacità di colonizzare i testicoli degli uomini, diventando quest’ultimi una sorta di serbatoio del virus.

A supporto della loro tesi, sostengono che i testicoli esprimono i recettori ACE2 che sono stati riconosciuti come i recettori usati dal virus per entrare all’interno delle cellule.

Ora, andando ad approfondire in modo scientifico e oggettivo i metodi di questa ricerca, ci appaiono subito evidenti un paio di errori metodologici importanti che la rendono decisamente poco attendibile.

In primo luogo, il campione è di dimensioni molto esigue, 68 individui non sono sicuramente un campione rappresentativo della popolazione generale. Ma ancora di più, le nostre perplessità nascono dalla composizione del campione: la popolazione maschile, infatti, rappresenta più dei 2/3 dell’intero campione, non permettendo, quindi, un confronto adeguato tra popolazione maschile e femminile.

Altra grande perplessità ci nasce dalla mancanza di una possibile spiegazione fisio-patologica delle loro conclusioni. Se è vero che i recettori ACE-2 sono stati identificati come i recettori attraverso cui il virus entra nelle cellule polmonari e anche vero che, proprio a livello polmonare, quest’ultimo crea danni molto importanti. Perché, se il virus ha la capacità di entrare nelle cellule del testicolo umano, non crea anche qui danni? Fino ad adesso non è stato mai segnalato nessun caso di orchite o di altra patologia infettiva del testicolo, com’è possibile questo?

Mi sembra quindi che ci siano parecchi spunti di riflessioni che ci fanno essere molto scettici sulle conclusioni di questa ricerca.

Volendo sorridere, mi viene in mente una storiella che ripeto spesso ai miei collaboratori: la cimice come sapete ha sei zampette, uno scienziato vuole vedere cosa succede alla cimice staccandole le zampette, ne stacca una e la cimice salta, ne stacca un’altra e la cimice salta di nuovo, stacca via via ogni zampetta ed ogni volta la cimice salta, arrivato alla sesta ed ultima zampetta, la stacca ma la cimice non salta, lo scienziato conclude: la cimice è diventata sorda!!

La modalità con cui i ricercatori hanno tratto le conclusioni mi sembra assimilabile a quella dello scienziato della storiella.  In ambito medico bisogna fomentare ed incoraggiare qualsivoglia ricerca che possa portare a delle nuove conoscenze ma, queste devono essere condotte secondo un metodo scientifico valido. Come diceva il fondatore del metodo scientifico Galileo Galilei, bisogna far seguire alle “sensate esperienze” le “dimostrazioni necessarie”; in questo caso, ci sentiamo di poter dire, che quest’ultime non vengono fornite

E’ quindi evidente come non ci si possa basare su questo studio per poter concludere che il virus possa colonizzare i testicoli e, ancor di più, affermare che questa è la causa della maggior mortalità del genere maschile.

Questa è invece ascrivibile a numerosi fattori, tra cui la maggior presenza di fattori di rischio cardiovascolare tra cui ipertensione e obesità nei pazienti di sesso maschile e probabilmente, nelle differenze genetiche del sistema immunitario fra i due sessi.

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Fase 2 epidemia COVID: riflessioni di chi opera sul campo – Intervista del Professor F. Fedele a RadioSei

L’intervista del Prof. Fedele a RadioSei sulla fase 2 dell’epidemia COVID.

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Fase 2 dell’epidemia COVID 19: non dimentichiamo il rafforzamento del Sistema Sanitario Nazionale pubblico

Negli ultimi mesi il Coronavirus è prepotentemente entrato nelle nostre vite sconvolgendo la nostra normale routine. Lo stravolgimento che questa infezione ha generato è conseguenza della grande capacità di trasmissione del virus che ha determinato un numero molto elevato di pazienti affetti. La potenza di questo virus, infatti, risiede più nella sua capacità di propagarsi tra la popolazione che nella mortalità e morbilità nel singolo paziente.

La diffusione del virus con un enorme numero di pazienti infetti che avevano bisogno di cure in ospedale ha fatto sì che questi ultimi fossero letteralmente invasi dai pazienti. Ci si è quindi trovati costretti a ridurre la qualità di cura sul singolo paziente per poterli curare tutti. In particolare, si è persa la possibilità di un approccio multidisciplinare ai pazienti, ed è così che questo virus sta “stressando” il nostro Sistema Sanitario.

Riassumendo, responsabile della criticità sanitaria del momento documentata dall’alto numero di morti, è prevalentemente lo tsunami dell’impatto assistenziale sul nostro sistema sanitario legato alla quantità di pazienti che contemporaneamente necessitano di cure anche in condizioni critiche con sovraccarico e sovraffollamento delle terapie intensive.

Tutti, popolazione generale e operatori sanitari siamo impressionati dal numero di vittime di questa epidemia e spesso si fa riferimento per analogia alla strage prodotta dalla Influenza Spagnola nel primo dopoguerra del secolo scorso. Per fortuna, e questo deve essere un messaggio forte, non siamo ai tempi della Spagnola e dobbiamo essere consapevoli della qualità della Medicina moderna che ha fatto enormi passi avanti nella comprensione e nella cura delle malattie e che le armi in nostro possesso oggi sono sicuramente in numero maggiore e con una efficacia superiore rispetto a quelle che avevano i nostri avi.

La consapevolezza di poter disporre delle attuali risorse della Medicina, anche in termini tecnologici e di poter avere l’occasione di rafforzare il nostro Sistema Sanitario Nazionale è fondamentale in un momento in cui si sta affrontando il tema della cosiddetta “fase 2” ovvero quella fase in cui riprenderemo gradualmente ad avere una vita normale. Nell’affrontare questo tema rivestono un ruolo importante le valutazioni epidemiologiche e le possibili strategie da attuare per annullare o ridurre il numero di nuove infezioni.

Del tutto recentemente il Prof. Ranieri Guerra, vicedirettore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e membro del comitato tecnico-scientifico ha elencato i sei passi per avviare la fase 2. Il primo passo è controllare che il numero di nuovi casi continui a decrescere per almeno due settimane; il secondo che le capacità di fare i test, sia quelli basali sui tamponi sia quelli sierologici per la ricerca anticorpale, siano sufficienti; il terzo l’utilizzazione dei test sierologici per avere informazioni statistiche globali; il quarto legato all’utilizzo di app come strumento fondamentale per seguire le persone che potrebbero contagiare o essere contagiate; il quinto e il sesto relativi agli ospedali con un organizzazione che differenzi le strutture Covid e non-Covid e che riduca l’impatto assistenziale sia nei reparti di degenza ordinaria sia nelle unità di terapia intensiva.

Sono perfettamente d’accordo con questa impostazione ma vorrei soffermarmi con alcune considerazioni sugli ultimi due punti. Sono convinto che, per detendere l’impatto assistenziale ospedaliero sia fondamentale rafforzare l’assistenza sul territorio garantendo la monitorizzazione dei pazienti meno gravi anche domiciliarmente. Sono pazienti che possono essere trattati fin dalle fasi iniziali con farmaci, e che hanno bisogno di un attenta monitorizzazione sull’evoluzione clinica generale e cardio-polmonare in particolare. A questo proposito l’utilizzo su larga scala della telemedicina, non soltanto delle app, può essere risolutivo.

Per quanto riguarda la differenza negli ospedali tra strutture Covid e strutture non-Covid vorrei ricordare l’importanza di disporre e di potenziare strutture pubbliche, come il Policlinico Umberto I e l’Ospedale San Camillo per quanto riguarda la città di Roma, caratterizzati dall’organizzazione a Padiglioni, secondo una visione lungimirante che prevedeva edifici dedicati ai malati infettivi, ben distinti dalle strutture dedicate alla cura di altre patologie.

Ritengo che un punto fondamentale e estremamente qualificante di questa fase 2 sia proprio il rafforzamento del Sistema Sanitario Nazionale sia sul versante del territorio sia sul versante degli ospedali pubblici, troppo spesso negli ultimi anni mortificati da tagli di risorse umane e strutturali (numero di posti letti ordinari e di terapia intensiva) a favore di strutture private accreditate. Lombardia docet e non aggiungo altro per non entrare in una polemica attualmente intempestiva.

Infine vorrei sottolineare alcuni dati positivi nel tentativo di controbilanciare i “bollettini di guerra” giornalieri: come vedete il numero di guariti sta aumentando, il numero di malati in terapia intensiva sta diminuendo e questo non perché il virus ha cambiato in meglio le sue caratteristiche ma perché riusciamo, anche in assenza momentanea di vaccini, a curar meglio i nostri pazienti con interventi mirati e differenziati a seconda delle fasi della malattia e della sua gravità.

Sono convinto, e finisco, che se riusciamo a contenere l’impatto quantitativo di questo virus con un organizzazione sanitaria capillare territorio-ospedale, avremo l’opportunità di curare i pazienti in modo adeguato, con un approccio multidisciplinare al paziente e di usare le armi che abbiamo sviluppato in questa prima fase in maniera sempre più appropriata e mirata.

La consapevolezza di poter arginare non solo con la prevenzione, ma anche con la qualità assistenziale questa pandemia permetterà senz’altro di affrontare con maggiore serenità le fasi di ripresa del nostro Paese.

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2020 Eventi

Nel cuore di Roma

Nel Cuore di Roma

Corso di aggiornamento ECM

8-9 Ottobre 2020

Nel CUORE di… ROMA

8-9  Ottobre 2020

Aula Magna Università degli Studi di Roma “LA SAPIENZA”

PROVIDER ECM : E.C.M.2 Srl –ID Agenas n. 5084

RESPONSABILE SCIENTIFICO: Prof. Francesco Fedele

PATROCINI: Per l’evento si richiederà l’egida di: Roma Capitale, Ordine dei Medici e Chirurghi della provincia di Roma, Università La Sapienza

INTRODUZIONE

Il Convegno Nazionale di Cardiologia “Nel Cuore di Roma” apre i suoi orizzonti scientifici cercando di porre all’attenzione di tutti gli operatori sanitari e in maggior modo a tutti i Medici Specialisti che trattano i disturbi cardiaci che sono diretti o indirettamente associati alla gestione del paziente, oggi più che mai complesso le nuove strategie diagnostico terapeutiche da personalizzare per tipo di paziente e patologie concomitanti.

Da qui il programma che si dipana attraverso sessioni tematiche interattivi con cui tutta la platea si deve mettere in gioco per far emergere quelle paure che avvolte il medico specialista si trova a combattere nella scelta di un percorso diagnostico o terapeutico per il suo paziente e che qui si potrà cercare di far sparire facendo fare spazio alla chiarezza e alla convinzione di un percorso condiviso.

L’obiettivo sarà di creare, durante il convegno, un ambiente virtuoso attraverso le relazione e le discussioni collegiali ponendo tematiche di risalto attuale come la cardioncologia, la cardio nefrologia, ecc..

La Faculty del convegno di alto spessore scientifico e rappresentativa a livello Nazionale porterà anche ad un confronto con l’attitudine nelle varie aree territoriali del bel paese a seguire le varie tipologie di paziente cardiopatico con la propensione ad un trattamento diagnostico terapeutico rispetto ad un altro.

PROGRAMMA SCIENTIFICO

19 Giugno 2020
08.30 Registrazione dei partecipanti

08:45 Introduzione dell’evento – Prof. Francesco Fedele

I SIMPOSIO: L’INSUFFICIENZA CARDIACA: E’ INDISPENSABILE UN APPROCCIO INNOVATIVO
Moderatori: Prof. Francesco Fedele, Prof. Livio Dei Cas

09:00-09:15 L’insufficienza cardiaca, cancro per il cuore: TNM like classification
Relatore: Dott. Paolo Severino
09:15-09:30 Il ruolo dell’imaging cardiovascolare nella definizione dell’eziologia

Relatore: Prof. Luciano Agati
09:30-09:45 La terapia diuretica nello scompenso cardiaco: quando la furosemide non è la soluzione
Relatore: Prof. Gennaro Cice
09:45-10:00 Nuovi farmaci nella modulazione neuroendocrina
Relatore: Prof. Marco Metra
10:00-10:15 Possibilità di modulazione dell’inotropismo cardiaco
Relatore: Dott. Giovanni Pulignano
10:15-10:30 Trattamento non farmacologico: TAVI, Mitra-Clip, CRT
Relatore: Dott. Massimo Mancone
10:30-10:45 Supporto meccanico al circolo
Relatore: Prof. Fabio Miraldi
10:45-11:00 Discussione sulle tematiche affrontate
Discussant: Dott. Riccardo Colantonio, Dott. Placanica

11:00-11:30 Coffee break

II SIMPOSIO: GESTIONE DELLA CRONICITA’ IN CARDIOLOGIA Moderatori: Prof. Francesco Romeo, Prof Salvatore Novo

11:30-11:45 Ipertensione arteriosa e insufficienza renale cronica: come scegliere il giusto farmaco
Relatore: Prof. Massimo Volpe
11:45-12:00 Lo spettro del trattamento delle dislipidemie

Relatore: Prof. Marcello Arca
12:00-12:15 Acido urico e rischio cardiovascolare
Relatore: Prof. Claudio Borghi
12:15-12:30 La malattia vascolare aterosclerotica: il ritorno dell’anticoagulante
Relatore: Dott. Luca Cacciotti
12:30-12:45 Terapia della cardiopatia ischemica cronica
Relatore: Alberto Margonato
12:45-13:00 Insufficienza cardiaca e comorbidità
Relatore: Prof.ssa Savina Nodari
13:00-13:30 Discussione sulle tematiche affrontate
Discussant: Prof.ssa Giulia Benedetti

13:30-15:00 Pranzo

III SIMPOSIO: CARDIO-DIABETOLOGIA
Moderatori: Prof.ssa Raffaella Buzzetti, Prof.ssa Maria Penco

15:00-15:15 Il Diabete mellito e rischio cardiovascolare: dalla fisiopatologia alle nuove linee guida ESC
Relatore: Prof. Francesco Cosentino
15:15-15:30 Unanuovafrontieranellaterapiaantidiabetica:ifarmaciSGLT2 inibitori

Relatore: Prof.ssa Gisella Cavallo
15:30-15:45 SGLT2 inibitori e scompenso cardiaco: una “Serendipity Story” Relatore: Prof. Pasquale Perrone-Filardi
15:45-16:00 Discussione
Discussant:

16:00-16:15 Coffee break

IV SIMPOSIO: CARDIO-NEUROLOGIA
Moderatori: Prof. Danilo Toni, Prof. Fabrizio Ammirati

16:15-16:30 I primi 10 anni dei NOAC: dai trials al mondo reale
Relatore: Prof. Fabio Ferrante
16:30-16:45 Fibrillazione atriale silente: quali elementi valutare per l’anticoagulazione
Relatore: Prof. Giuseppe Patti
16:45-17:00 Chiusura di auricola e PFO: quando sono indicate?
Relatore: Dott. Achille Gaspardone
17:00-17:15 Discussione
Discussant: Prof. Angelo Di Roma

V SIMPOSIO: LA SOLUZIONE DEI PROBLEMI
Moderatori: Prof. Roberto Pescatori, Prof. Gerardo Ansalone

17:15-17:30 Ho un paziente con diabete e insufficienza cardiaca, ci sono nuove strategie?
Relatore: Dott. Maurizio Volterrani
17:45-18:00 Hounpazienteconinsufficienzacardiacaeinsufficienzarenale cronica, modifico la terapia? Relatore: Prof. Alberto Palazzuoli

18:00-18:15 Ho un paziente dimesso con diagnosi di sindrome Takotsubo, come mi devo comportare? Relatore: Prof.ssa Giuseppina Novo 18:15-18:30 Ho un paziente con arresto cardiaco e disfunzione ventricolare sinistra

Relatore: Dott.ssa Cristina Chimenti 18:30-19:00 Discussione Discussant: Dott. Terranova

20 Giugno 2020
08.30 Registrazione dei partecipanti

VI SIMPOSIO: CARDIO-PNEUMOLOGIA Moderatori: Prof. Dario Vizza, Prof Galiè

09:00-09:15 Inquinamento ambientale, fumo e malattie cardio-polomonari: come intervenire
Relatore: Dott. Vincenzo Montemurro
09:15-09:30 Fibrillazione atriale e sindrome delle apnee notturne

Relatore: Prof. Marco Brunori
09:30-09:45 Le infezioni polmonari nel paziente con insufficienza cardiaca Relatore: Prof. Paolo Palange
09:45-10:00 Ipertensione polmonare primitiva: nuove terapie
Relatore: Dott. Roberto Badagliacca
10:00-10:15 Discussione
Discussant:

VII SIMPOSIO: CARDIO-ONCOLOGIA Moderatori: Prof. Brunelli, Prof.ssa Sabina Gallina

10:15-10:30 La cardiotossicità da agenti chemioterapici
Relatore: Dott. Rapezzi
10:30-10:45 I biomarker o l’imaging per la predizione della cardiotossicità? Relatore: Dott.ssa Viviana Maestrini
10:45-11:00 Il paziente oncologico e gli anticoagulanti
Relatore: Dott. Massimo Uguccioni
11:00-11:15 Prevenzione del danno da agenti chemioterapici
Relatore: Dott. Maurea
11:15-11:30 Verso una visione più ampia della cardio-oncologia
Relatore: Dott. Ameri Pietro
11:30-11:45 Discussione
Discussant: Dott.ssa Pina Gallucci

11:45-12:00 Coffee break

VIII SIMPOSIO: LA SOLUZIONE DEI PROBLEMI Moderatori: Dott.ssa Paola Proietti, Dott. Alessandro Bina

12:00-12:15 Ho un paziente sottoposto a TAVI ed è comparso un BBS! Relatore: Dott. Antonio Curnis
12:15-12:30 Ho un paziente con cardiomiopatia dilatativa in terapia medica ottimale ma ha ancora dispnea: quali opzioni

Relatore: Dott.ssa Susanna Sciomer
12:30-12:45 Hounpazientedi65anniconilpatterndiBrugadatipo1,ICD? Relatore: Dott. Carlo Lavalle
12:45-13:00 Hounpazientesottopostoadangioplasticaconstent,madevo operarlo!
Relatore: Prof. Giuseppe Mazzesi
13:00-13:30 Discussione
Discussant: Dott. Musarò, Dott. Terranova, Dott. Zuccaro

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Video Playlist
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1
Il Prof. Francesco Fedele e il Maestro Riccardo Muti
Il Prof. Francesco Fedele e il Maestro Riccardo Muti
2
ESC 2016: Francesco Fedele prossimo Presidente della Federazione Italiana di Cardiologia
ESC 2016: Francesco Fedele prossimo Presidente della Federazione Italiana di Cardiologia
3
Intervista al Prof. Francesco Fedele
Intervista al Prof. Francesco Fedele
4
Il Prof. Francesco Fedele ospite ad Unomattina 29 settembre 2016
Il Prof. Francesco Fedele ospite ad Unomattina 29 settembre 2016
5
Francesco Fedele e Carla Massi ad UnoMattina
Francesco Fedele e Carla Massi ad UnoMattina
6
Francesco FEDELE: "Highlights in Cardiology: take-home message"
Francesco FEDELE: "Highlights in Cardiology: take-home message"
7
Francesco FEDELE: "The added value of strain in echocardiography"
Francesco FEDELE: "The added value of strain in echocardiography"
8
Tg1 Medicina Prof. Francesco Fedele e Prof. Francesco Romeo
Tg1 Medicina Prof. Francesco Fedele e Prof. Francesco Romeo
9
Il Prof. Francesco Fedele su RAI Sport 1
Il Prof. Francesco Fedele su RAI Sport 1
10
Il Prof. Francesco Fedele ospite su Rai News
Il Prof. Francesco Fedele ospite su Rai News

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La mortificazione della professione specialistica

L’intervento del Prof. Fedele sui pericoli del decreto Milleproroghe, riportato su metronews e in un articolo sul Tempo: “Uno specializzando iscritto al terzo anno, dopo solo 24 mesi di specializzazione, è davvero pronto ad entrare nel mondo del lavoro esercitando una professione delicata e complessa come quella del cardiologo?

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Attualità

Cardiologia 2020 – 25 anni di Cardiologia Italiana

Il 14 Febbraio si festeggia San Valentino, ricorrenza che richiama sicuramente l’amore e il cuore.

Il 14 Febbraio è anche la Giornata Mondiale delle Cardiopatie Congenite. Quest’anno abbiamo voluto, in tale occasione, festeggiare anche un altro evento.

Insieme alla professoressa Maria Grazia Modena di Modena, al professore Giuseppe Ambrosio di Perugia e al professor Sabino Iliceto di Padova, festeggiamo i nostri 25 anni in cattedra di Cardiologia.

Durante l’evento, abbiamo voluto dedicare un simposio all’Università e in particolare alle riflessioni, considerazioni ed emozioni sul tema dell’esistenza delle Scuole e dei Maestri.

Tutti noi siamo stati gli ultimi ad affrontare il concorso a Cattedra su base nazionale e abbiamo vissuto a diretto contatto con i Maestri che hanno reso autonoma la disciplina Cardiologia dalla Medicina Interna con un salto culturale e ripercussioni notevoli in termini assistenziali, didattici e scientifici.

Abbiamo avuto la fortuna di vivere lo sviluppo tecnologico della nostra specialità con ricadute nelle potenzialità diagnostiche e terapeutiche. Nel tempo, però, si è assistito anche ad un’eccessiva frammentazione delle competenze superspecialistiche cardiologiche che rischiano di impoverire l’impatto culturale della nostra disciplina in termini di gestione a 360° del paziente cardiologico complesso.

Nel corso dell’evento tutti noi ripercorreremo la nostra esperienza in Cattedra facendo un bilancio di quelli che sono stati i nostri successi in termini di impegno accademico per mantenere la tradizione di Scuola, ma anche le nostre difficoltà per riuscire a non disperdere il patrimonio culturale che hanno lasciato in eredità i nostri Maestri.

Non aggiungo altro. Spero di aver sollecitato la vostra curiosità e spero di incontrarvi numerosi per condividere un momento di riflessione ed emozione che concili la Scuola con lo spirito di appartenenza.

Francesco Fedele

Qui potete scaricare la brochure dell’evento con il programma di dettaglio