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Un’altra morte cardiaca improvvisa

Ancora un’altra morte cardiaca improvvisa durante attività sportiva. Stavolta è morto il figlio 30enne del noto giocatore di calcio Cafù, che militò negli anni ‘90 nella Roma e nel Milan con il soprannome Pendolino. In questi giorni c’è stata tanta solidarietà e molta attenzione mediatica è stata rivolta su questo drammatico evento.

Un ragazzo di 30 anni che muore improvvisamente mentre giocava a pallone, in casa. Si parla di un probabile infarto miocardico acuto, il che è possibile in un ragazzo così giovane, ma poco probabile. Più frequentemente a causare questi tragici eventi sono altre malattie, prevalentemente aritmiche, misconosciute.

Nelle prossime 24-48 ore si continuerà a parlare del fatto. Poi, come già accaduto, non se ne parlerà più e, soprattutto, niente verrà fatto per rafforzare la prevenzione di questa epidemia: in Italia più di 1000 giovani sotto i 36 anni muoiono improvvisamente.

E’ tempo di cambiare il corso degli eventi. Noi già abbiamo iniziato con il progetto “A Scuola con il Cuore”, un programma di screening dedicato ai ragazzi delle scuole superiori che prevede l’esecuzione, in meno di un’ora, di esami non invasivi e innocui (elettrocardiogramma, ecocardiogramma, risonanza magnetica cardiaca) per identificare possibili cause di morte cardiaca improvvisa.

I risultati di questo screening, insieme a ulteriori messaggi di sensibilizzazione,  saranno proposti durante un evento che si terrà il prossimo 6 Novembre con il patrocinio del CONI. Naturalmente, come sempre, vi terrò aggiornati.

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Abbiamo i mezzi per una prevenzione efficace della morte cardiaca improvvisa nei giovani

Il commento del Prof. Francesco Fedele alla notizia apparsa ieri su Il Fatto Quotidiano, relativa, ancora una volta, a una morte cardiaca improvvisa.

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Non Cultura dell’emergenza ma facile semplicismo propagandistico nell’utilizzo dei defibrillatori semiautomatici in ambiente extra ospedaliero

È approdato in commissione affari sociali il testo del ddl che obbliga le pubbliche amministrazioni a dotarsi di defibrillatori. Tra le novità la modifica della legge 3 aprile 2001 numero 120 con la possibilità di utilizzo dei defibrillatori da parte di personale non sanitario non formato.

Il sottoscritto ha partecipato con grande soddisfazione alla succitata legge numero 120 del 2001 denominata anche legge Monteleone per il primo firmatario, legge che permise una rivoluzione nel campo dell’emergenza cardiovascolare extra ospedaliera con la possibilità di utilizzo dei defibrillatori da parte di personale non medico adeguatamente formato. La modifica della legge 120, che allarga la possibilità di utilizzo anche a personale non medico non formato, si configura come un’inappropriata semplificazione. Le motivazioni di questa mia affermazione sono di due nature: una di tipo tecnico, l’altra di tipo psicologico. Per quanto riguarda la prima, è importante ricordare che la rianimazione cardiopolmonare vede diversi momenti collegati tra loro per ottenere la massima efficacia e la massima percentuale di risultato. La rianimazione cardiopolmonare, anche se vede nella defibrillazione con defibrillatore semiautomatico un momento fondamentale, non si esaurisce con la semplice defibrillazione: infatti, spesso vediamo che è necessario superare i momenti di attesa con un efficace massaggio cardiaco, massaggio cardiaco che deve essere insegnato e deve essere praticato in maniera corretta, massaggio cardiaco che è fondamentale laddove la prima o la seconda defibrillazione non siano efficaci per continuare l’attività meccanica della pompa  cardiaca. A questa prima motivazione sull’importanza dell’insegnamento di tutte le manovre di rianimazione cardiopolmonare, che vedono non soltanto la defibrillazione, si aggiunge una motivazione psicologica, spesso sottovalutata. L’importanza del corso di rianimazione cardiopolmonare che attualmente occupa poche ore è legata anche al fatto che grazie a tale insegnamento e al contatto con i formatori, chi fa il corso acquisisce quella padronanza e sicurezza che permettono di non rimanere immobile e/o attonito di fronte a situazioni drammatiche di emergenza. Dico questo perché anche con l’attuale normativa, quando si vanno ad interrogare coloro che hanno eseguito il corso, il problema fondamentale è quello della disponibilità psicologica ad intervenire.

Nell’ambito dei nove articoli del ddl si fa riferimento anche all’insegnamento della rianimazione cardiopolmonare nelle scuole: tutto ciò è previsto anche dalla legge sulla buona scuola e si stanno attuando programmi formativi che vedono agli ultimi anni delle scuole secondarie l’insegnamento della rianimazione cardiopolmonare con l’utilizzo del defibrillatore semiautomatico e con il rilascio di un patentino ad hoc.  

La legge Monteleone del 2001 ha rappresentato una svolta epocale nel trattamento delle emergenze cardiovascolari, essendo supportata anche da un fondamentale pilastro culturale: non solo l’utilizzo meccanico del defibrillatore ma anche acquisizioni rilevanti per aumentare nella popolazione generale la consapevolezza e la cultura dell’emergenza cardiovascolare. Quest’ultimo ddl, con la modifica che prevede l’utilizzo anche da parte di personale non formato, rappresenta un passo indietro sul piano culturale e non ritengo porterà vantaggi sull’efficacia e l’appropriatezza degli interventi in situazioni di emergenza; soprattutto non amplierà il numero di coloro che realmente interverranno. Purtroppo, anche in questo caso come in altri del momento storico che stiamo vivendo, si preferisce scegliere la via della semplificazione eccessiva e della propaganda più che la via della corretta formazione, informazione e approfondimento culturale. Non vorrei fare la Cassandra ma, se si continuerà su questa strada, gli episodi di fibrillazione, non solo cardiaca, nel nostro paese saranno sempre più numerosi con possibilità estremamente scarse di defibrillazione efficace.

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Pubblicata la App “Classificazione HLM”. È possibile ora scaricarla dall’App Store di Apple

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Campagna “Ogni Cuore Conta. Soprattutto il tuo”

Gli esperti della salute del cuore del Policlinico Umberto I incontrano, venerdì 5 luglio, pazienti e caregiver per sensibilizzare sui rischi dello scompenso cardiaco, anche durante la stagione estiva.

  • Ancora misconosciuta, e troppo spesso sottovalutata tra le patologie cardio-vascolari, lo scompenso cardiaco interessa oltre un milione Italiani e fa registrare 190.000 ospedalizzazioni ogni anno, oltre 500 al giorno.
  • Grazie all’innovazione terapeutica, oggi, lo scompenso cardiaco si può però trattare precocemente ed efficacemente. Per questo, è importante il confronto proattivo con tutti gli specialisti di riferimento della salute del cuore.

La campagna “Ogni Cuore Conta. Soprattutto il tuo” ha l’obiettivo di diffondere una maggiore consapevolezza dell’importanza e della severità di questa patologia. Riconoscere i sintomi, imparare a gestire al meglio la propria condizione di paziente non sottovalutando la progressione della malattia, confrontarsi in maniera aperta e proattiva con tutti gli specialisti della salute del cuore per le migliori opportunità terapeutiche in grado di migliorare la propria qualità di vita saranno alcuni dei temi affrontati nel corso dell’incontro medico-paziente che si svolgerà, venerdì 5 luglio, dalle ore 10.00 alle 12.30, presso l’ Aula Magna I Clinica Medica del Policlinico Umberto I di Roma (Viale del Policlinico, 155).

All’incontro naturalmente sarà presente il sottoscritto, insieme al  Dott. Carlo Lavalle del Centro di Elettrostimolazione ed Elettrofisiologia, al Dott. Paolo Severino, assegnista di ricerca Dipartimento di Scienze Cardiovascolari, alla Dott.ssa Maria Chiara Gatto, Cardiologa, DEA Policlinico Umberto I, al Dott. Michele Lepore, Medico di Famiglia e al Prof. Salvatore Di Somma, Professore di Medicina di Emergenza, Università La Sapienza, Roma e direttore scientifico AISC – Associazione Italiana Scompensati Cardiaci.

In questa occasione sottolineerò come lo scompenso cardiaco sia una sindrome clinica complessa in cui il cuore non è più capace di pompare sangue in misura adeguata alle richieste metaboliche dell’organismo. Questa situazione clinica riconosce diverse cause rappresentate dalla cardiopatia ischemica, dall’ipertensione, dalle valvulopatie, dalle miocardiopatie e miocarditi e dalle patologie congenite del cuore. L’aumento del numero dei pazienti con insufficienza cardiaca è senz’alro legato all’età e al prolungamento della vita media a sua volta correlato alle notevoli potenzialità della cardiologia nel trattamento di patologie acute quali l’infarto miocardico.

Lo scompenso cardiaco è una malattia grave con una mortalità alta seconda soltanto al cancro del polmone. A questo proposito se si considera che lo scompenso cardiaco inizia con una primitiva compromissione del cuore per poi compromettere i polmoni, i reni, il fegato, il sistema nervoso e il sistema ematopoietico, può essere paragonato alla patologia tumorale.

Per questo motivo nel nostro Dipartimento abbiamo cominciato a classificare lo scompenso cardiaco con un nuovo metodo che prende spunto dalla nota classificazione TNM usata in oncologia. Per la complessità della situazione clinica rappresentata dallo scompenso cardiaco è fondamentale un approccio di tipo interdisciplinare che persegua l’obiettivo di migliorare la qualità di vita e di ridurre le ospedalizzazioni.  Oggi, la terapia dello scompenso cardiaco ha fatto molti passi in avanti, sia con l’utilizzo di “devices” come la clip mitralica, i defibrillatori e i resincronizzatori cardiaci, oltre a farmaci davvero efficaci per il trattamento anche precoce di questa patologia. L’efficacia di un trattamento farmacologico dipende prima di tutto dall’aderenza alle terapie che, come è noto, è un obiettivo sempre difficile da raggiungere. E nessuna terapia medica è efficace se non viene assunta con regolarità. Proprio ribadendo la complessità dell’approccio diagnostico e terapeutico dello scompenso cardiaco, sottolineo l’importanza della figura del cardiologo che deve rappresentare sempre il punto di riferimento sia per il “medico di famiglia” sia per gli altri specialisti.

Contando sulla vostra presenza, vi aspetto venerdì 5 alle 10 al Policlinico Umberto I, Aula I Clinica Medica.

Francesco Fedele

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Fabbisogni del Sistema Sanitario Nazionale

Il commento del Prof. Fedele nell’articolo pubblicato su Doctor33.

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A scuola con il cuore

Qui l’intervista rilasciata dal Prof. Fedele a Il Messaggero, in occasione del convegno «A scuola con il cuore» presso l’Aditerm di Ferentino.

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Iker Casillas e il Cuore. A Goldeada in Tv il Cardiologo F.Fedele

Iker Casillas e il Cuore. A Goldeada in Tv il Cardiologo F.Fedele

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Il portiere Casillas colpito da infarto: si può fare di più per la prevenzione cardiovascolare?

Come avete visto dai media, recentemente il portiere del Porto Casillas di 38 anni, durante un allenamento, è stato colpito da infarto miocardico acuto, trattato successivamente con angioplastica e attualmente in via di guarigione.

Certamente colpisce il fatto che un atleta top-level come Casillas, che dovrebbe essere super controllato da un punto di vista medico in generale e cardiologico in particolare, possa aver presentato un evento del genere. La prima riflessione da fare è che, a differenza dell’Italia, in Spagna per l’idoneità agonistica non sono previsti protocolli specifici di valutazione. La legislazione, che risale al 1990, prevede una polizza assicurativa per chi svolge attività agonistica e, soltanto per gli atleti top level come nel caso di Casillas, anche una valutazione medica completa che dovrebbe comprendere un elettrocardiogramma a riposo e da sforzo.

Tuttavia, sempre a differenza della legislazione italiana, in Spagna non viene fatto alcun riferimento sui tempi di validità dei certificati di idoneità che in Italia hanno scadenza annuale. In base a queste considerazioni è possibile ipotizzare che, forse, il trentottenne Casillas non abbia ricevuto recentemente una valutazione completa delle sue condizioni di salute.

Questo è il primo punto di riflessione che sottolinea come in questo settore, medicina e cardiologia sportiva per gli atleti agonisti, l’Italia sia all’avanguardia nella prevenzione di eventi acuti. Tuttavia, vorrei richiamare l’attenzione anche su un altro problema che potrebbe riguardare anche i nostri atleti agonisti “super controllati”. Ritengo, infatti, che per aumentare le capacità di prevenzione cardiovascolare negli atleti sia necessario non soltanto applicare i nostri protocolli valutativi nei tempi dovuti, ma anche, cosa che è relativamente sottovalutata, sensibilizzare gli atleti stessi su quei sintomi a carico dell’apparato cardiovascolare che potrebbero essere espressione di una patologia non identificata dai controlli, seppur accurati, oppure insorta dopo i controlli stessi.

Dico questo perché mentre l’atleta è portato naturalmente a riferire sintomi legati all’apparato osteo-articolare e muscolare perché palesemente essi sono penalizzanti per la sua attività fisica, meno lo sono per sintomi quali epigastralgie, palpitazioni, tuffi al cuore, lievi capogiri che, proprio anche in virtù dei controlli effettuati, sono sottovalutati nella convinzione, errata, che  siano espressione di niente di preoccupante. Sono convinto che questo concetto di estendere la prevenzione cardiovascolare anche alla sensibilizzazione degli atleti possa ulteriormente restringere i filtri che intercettano condizioni cardiovascolari gravi e potenzialmente letali. Per questo motivo stiamo organizzando per il 6 Novembre prossimo, in collaborazione con il CONI, una giornata di sensibilizzazione alla prevenzione cardiovascolare nei giovani, che vedrà il coinvolgimento attivo anche di atleti ed esponenti di spicco del mondo sportivo.

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Nuovo approccio all’Insufficienza (Scompenso) Cardiaca: si incomincia dalla classificazione

L’insufficienza cardiaca, o scompenso cardiaco, è una delle patologie più diffuse al mondo ed una delle problematiche cliniche di più difficile risoluzione, la cui incidenza è destinata ad aumentare notevolmente nella prossima decade a causa all’invecchiamento della popolazione, soprattutto nei paesi industrializzati. L’insufficienza cardiaca si contraddistingue per essere una sindrome clinica complessa, in grado di ridurre la capacità funzionale e la qualità della vita dei soggetti che ne sono affetti, con tassi di mortalità elevatissimi, superiori a quelli del cancro.

In Italia, oltre un milione di persone ne è affetto di cui la metà circa muore entro 5 anni dalla diagnosi. L’insufficienza cardiaca causa 165 mila ricoveri l’anno, dove un paziente su 10 non sopravvive, mentre, entro i primi 12 mesi dalla dimissione, 3 pazienti su 10 muoiono e più del 50% dei pazienti viene ri-ospedalizzato.  Inoltre, sotto il profilo socioeconomico, l’ospedalizzazione e i trattamenti per l’insufficienza cardiaca rappresentano un’importante voce di spesa sanitaria: più di 600 milioni di euro l’anno a carico del sistema sanitario nazionale italiano. Tutto questo spiega l’urgenza di introdurre misure volte a contrastare e rallentare quella che va configurandosi come l’epidemia del nuovo millennio.

È stato dimostrato, infatti, che una parte dei decessi e delle ri-ospedalizzazioni per insufficienza cardiaca è dovuta alla mancata o erronea stratificazione del rischio che, a sua volta, comporta una sovrastima, o nel peggior caso ad una sottostima, della gravità del quadro clinico. Ciò determina inoltre una mancata applicazione delle misure diagnostico-terapeutiche, con il conseguente peggioramento prognostico, con una riduzione dei tassi di sopravvivenza.

Da queste considerazioni deriva la necessità di effettuare una stratificazione prognostica che sia la più accurata possibile, al fine di poter rispondere, con le modalità più appropriate, alle esigenze di cura del singolo paziente.

Sappiamo bene come nell’insufficienza cardiaca la patologia inizi nel cuore coinvolgendo successivamente i polmoni, anatomicamente e funzionalmente considerabili come delle stazioni linfonodali, ed estende le sue manifestazioni agli organi sistemici, come il rene, il fegato, il sistema nervoso centrale e il sistema ematopoietico, fino ad arrivare alla cachessia cardiaca. Pertanto esistono notevoli analogie con la malattia tumorale e la sua storia naturale: il tumore origina in un singolo organo per poi estendersi agli organi contigui e, successivamente agli organi anche distanti (metastasi) fino ad arrivare alla cachessia neoplastica.

Partendo da queste considerazioni, ci è venuto in mente di applicare alla cardiologia la ben nota classificazione TNM usata in oncologia per stadiare i tumori. La nuova classificazione clinico-prognostica per l’insufficienza cardiaca, chiamata HLM, prevede il parametro “H”, “heart”, che valuta il cuore, in analogia alla “T” di tumore della TNM, il parametro “L”, “lungs”, per valutare il coinvolgimento dei polmoni, i linfonodi del cuore sempre in analogia alla TNM, e il parametro “M” per la valutazione del malfunzionamento degli altri organi, ricordando il significato etimologico del termine metastasi: spostamento a distanza.

È attualmente in corso uno studio clinico prospettico multicentrico, in cui sono stati arruolati più di 1500 pazienti affetti da insufficienza cardiaca e i cui risultati preliminari, recentemente presentati al congresso annuale dell’American College of Cardiology, dimostrano come HLM sia superiore, rispetto alle classificazioni finora utilizzate in ambito cardiologico (classificazione NYHA e la classificazione proposta dall’American College of Cardiology e American Heart Association), nell’identificare il rischio a 12 mesi di riospedalizzazione e di morte cardiovascolare. In particolare, rispetto alle classificazioni NYHA e ACC/AHA, HLM è in grado di stratificare in maniera più precisa l’evoluzione del paziente considerando: 1) gli stadi iniziali in cui possono essere impiegate terapie tradizionali e meno costose; 2) gli stadi avanzati in cui l’impiego di terapie farmacologiche innovative e più costose possono condurre ad un reale beneficio e infine 3) gli stadi terminali in cui saranno necessarie cure di tipo palliativo, volte principalmente al miglioramento della qualità più che della quantità di vita del paziente.

Grazie all’integrazione di molteplici variabili, HLM fornisce al medico e al cardiologo uno strumento utile a formulare un giudizio più comprensivo e prognosticamene più corretto sulla storia naturale di malattia rispetto alle altre classificazioni che appaiono orientate esclusivamente al cuore senza considerare il coinvolgimento di tutto l’organismo.